martedì 21 marzo 2017

Poesia della notte, del giorno, di ogni cosa intorno


La poesia è qualcosa di originario. Non "divina", semmai "sgorga". Non sei tu a trovarla, è lei che ti abbraccia, quando è giunto il momento. Cercare la poesia, è come tentare di spremere acqua da un sasso. Non ne cavi nulla. E' lei che si rivela, nelle piccole cose della vita, in cui resta spesso impigliata. Non è qualcosa che si costruisce. La poesia, nella sua primordialità, è il linguaggio più autentico che abbia conosciuto l'uomo. Ci tengo a sottolinearlo. Conosciuto, non creato. Nella magia di un incontro. La poesia era, e resta, un linguaggio profondamente "epidermico", proprio perché "originario".
 


Inciampare in "Poesie della notte, del giorno, di ogni cosa intorno" di Silvia Vecchini, illustrato da Marina Marcolin, edito da Topipittori, per me che vengo dalla poesia, è come tornare a casa. E aprire un cassetto della propria scrivania, per ritrovare oggetti, istanti, incanti di vita vissuta. E rimasta sospesa, in attesa di essere colta. 


 La poesia conserva quel che la memoria dimentica. Donandogli nuova luce, nuova linfa. Questa delicata e intensa raccolta porta in superficie una sequela di meraviglie circa l'incanto e il tormento di quell'età dell'oro che risulta essere l'infanzia, e l'adolescenza. C'è la "notte", c'è il "giorno" , ci sono soprattutto "le cose intorno". Come un sasso gettato nello stagno, che si propaga ad onde concentriche. 

 

Tanto è minuziosa e precisa la Vecchini nel suo lavoro di scavo e intaglio di gesti, pensieri, sguardi, tanto più è plumbeo e rarefatto l'acquerello della Marcolin, come fosse volto a preservare l'incanto della poesia in un flusso amniotico. La magia della tela tramanda il sussurro del canto, avvolto nei suoi magici echi.



Poesie della notte, del giorno, di ogni cosa intorno - Silvia Vecchini, Marina Marcolin - Topipittori

mercoledì 8 marzo 2017

Più veloce del vento


"Quando Icaro precipitò verso il mare dopo avere tentato di volare fino al sole, aveva un solo rimpianto: quello di non poter più domare il vento. L’essere sfuggito al Minotauro non gli importava. L’essere arrivato più in alto di qualsiasi uomo non contava. L’unica cosa che desiderava era volare di nuovo a quell’altezza impossibile, irraggiungibile, solo sua".

Se questo libro si fosse limitato ad un semplice tributo alla vita e alle imprese di una grande “Donna”, probabilmente non staremmo a parlarne con tanto trasporto; perché le commemorazioni sono si sacrosante, spesso doverose, ma la “letteratura” è un’altra cosa. “Più veloce del vento” di Tommaso Percivale, edito da Einaudi, è invece un grande “romanzo”, che noi di Storie a Colori abbiamo inserito nella terzina dei candidati al Premio Orbil 2016, indetto dall'ALIR, per la sezione narrativa 10-14. Perché l’autore, partendo da una scrupolosa ricerca sulle poche notizie storiche a disposizione, ha imbastito intorno alla figura di Alfonsina Morini, coniugata Strada, la prima donna ciclista a partecipare al “Giro d’Italia”, la propria epica narrativa. Tre epopee si incrociano in questo libro. Quello dell’Italia contadina di inizio secolo scorso, e di fatto sopravvissuta fino al secondo dopoguerra, di una vita aspra e dura a spezzarsi la schiena sulle campagne, dove i maschi coltivavano i campi e governavano le bestie, e le ragazze stavano dietro gli animalI da cortile, ai lavori di casa, e chi era brava dava una mano all’economia domestica e arrotondava con i lavori di sartoria; una vita frugale legata ai valori semplici, familiari, eppure così carica di poesia ora che a guardarla appare lontana anni luce. A questa si lega a doppio filo l’epopea tutta femminile della protagonista, circa il diritto di scegliere cosa fare della propria vita, al pari dei maschi, assecondando le proprie passioni e inclinazioni, indipendentemente, anzi contro i dogmi, le consuetudini e imposizioni allora in voga, che vedevano (perché così volevano) la donna inadatta a intraprendere certe strade. Qui l’autore risulta particolarmente abile e dotato di singolare garbo nel descrivere le diatribe dialettiche sostenute da Alfonsina Strada con la propria madre, in un confronto agli antipodi di esigenze e visioni; nel mostrare il rispetto della protagonista nei confronti della propria famiglia, impegnandosi strenuamente negli studi, e contribuendo in modo importante all’economia domestica nelle difficili condizioni in cui essa versava, distinguendosi nella sua abilità al ricamo, sebbene la sua vocazione seguisse ben altri lidi. Salvo poi coltivare in segreto i propri sogni quando la notte calava e il mondo andava a dormire; allora di nascosto, furtivamente si recava al fienile prendendo la bicicletta facendo lunghe pedalate di notte, per tornare poco prima dell’alba, prima che la sua famiglia si destasse. Sfidando anche le cinturate del padre il giorno che se ne accorse. Ma per Alfonsina nulla era più doloroso dell’idea di rinunciare volutamente al proprio sogno, di una vita diversa, se non necessariamente migliore, almeno scelta. Perché

"Quando un desiderio non si avvera, il tempo non scorre più".

Ma questo romanzo celebra anche e soprattutto l’epopea di Percivale scrittore di razza, con una storia che viaggia su ritmi pazzeschi, tutta in piedi sui pedali; non c’è pagina che mostri un cedimento, non c’è pagina in cui l’autore non mostri uno spunto, uno scatto di fervore narrativo, che lasci il lettore di sasso, meravigliato e attonito. Magistrale la descrizione della nebbia emiliana il giorno in cui nacque ‘Fonsina; memorabile l’avvicendarsi dei registri narrativi, dal poetico al comico, con un’ilarità talvolta spiazzante ai limiti della gag; come quando Iacopo mostra ad Alfonsina come si va a salire al volo sulla bicicletta in corsa, con la “grazia di una vacca che si tuffa nel fango”; o come quanto lo stesso Iacopo, allo scatto dell’amica Alfonsina che gli lancia la sfida “rimane fermo come un camposanto". Si vede che l’autore si diverte ad immaginare le scene, ci ride sopra, e fa a sua volta divertire il lettore. In una storia dal sapore vivo, mai stereotipato. Impossibile non affezionarsi alle sorti di Alfonsina Morini, che corre “più veloce del vento”, con “i capelli pettinati con la polvere da sparo”. Alfonsina che la domenica finge di andare a messa, e di nascosto va a fare le gare in bicicletta e poi viene scoperta; e la madre la pone di fronte alla scelta tra tornare a fare la brava ragazza di famiglia o seguire le proprie inclinazioni andando a vivere altrove. Alfonsina che fa i suoi primi allenamenti ufficiali al Parco della Montagnola a Bologna; Alfonsina che gareggia al Parco del Valentino a Torino con la celebre, nonché più allenata ed esperta, Giuseppina Carignano, facendole mordere la polvere. E soffriamo con lei quando la Grande Guerra mette in crisi lei e la sua famiglia, con il marito Luigi Strada che da di matto perché gli soffiano il brevetto della macchina del caffè, cade in depressione e finisce internato al manicomio; Alfonsina dovette ricominciare tutto da capo, e ancora una volta se la cavò da sola. Il Giro di Lombardia, il Giro d’Italia del 1924, prima e unica donna a competere in gare per soli uomini. Combattendo contro l’avversario più duro rappresentato dallo scherno e la diffidenza. Ma niente può più fermare questa donna, "con i capelli a bebè", ormai giunta ad un passo dal coronare il proprio sogno.

"Quando ogni singolo respiro è dedicato a un sogno, e il sogno è quello di volare, il respiro diventa vento".

Quando finisci di leggere questo libro ti senti orfano. Una grande malinconia ti assale. Non vorresti mai arrivare alla fine. Quando il vento si alza, vorresti che non smettesse più di soffiare. 

"Più veloce del vento" - Tommaso Percivale - Einaudi Ragazzi

martedì 7 marzo 2017

Il puzzle infinito


Tra le nuove uscite di questo periodo, ci preme sottolineare questa, di Kalandraka.


Scorrendo tra le pagine di questo libro vien da pensare che le grandi lezioni di Bruno Munari circa il far entrare i bambini a contatto con i materiali, facendoli sperimentare, liberando la loro capacità di espressione e creazione, sia giunta forte e viva ai nostri giorni. 
 
 
 Ed è questo che ci preme evidenziare di questo libro variopinto e articolato, e pieno zeppo di grandi messaggi. Perché questo albo tratta argomenti importanti: parla di diversità, elemento che ci accomuna; nel nostro essere tante piccole tessere, ognuna con le proprie peculiarità, messi insieme costituiamo qualcosa di nuovo e più grande; non ultimo, nella vita non si butta via "quasi" niente. 



Ebbene si, questo albo è anche un giocoso trattato di ecologia e di tecnica del riciclo, in quanto i simpatici cubotti che costituiscono figure e personaggi, altro non sono che piccole scatole di cartone di diversa fattura, che l'autore raccoglie, dipinge, per utilizzarle a mo di cubotti, tessere, costruzioni, di un ampio puzzle. "Infinito". Proprio nelle ultime pagine del libro l'autore svela alcune tecniche di lavorazione, mostrando alcuni esempi compositivi sull'utilizzo delle scatole per creare oggetti e figure.



Ultimamente siamo bombardati di pubblicazioni che, nell'ansia di veicolare messaggi corretti e intelligenti ai nostri figli, spesso finiscono per mettere in secondo piano l'aspetto ludico e narrativo che dovrebbe essere "proprio" e "primario" dei libri destinati ai bambini; ecco, questo libro fa esattamente questo. Giocando si impara, esplorando si entra a contatto con il mondo esterno. Soprattutto, più di tante parole, conta il buon esempio.


E ora, cari bambini, aguzzate l'ingegno. Il mondo è vostro.

"Il puzzle infinito" - Diego Bianki - Kalandraka

sabato 4 marzo 2017

L'altra notte ha tremato Google Maps


"Non è vero che Amatrice non esiste più. Io ci sono stato oggi". Giordano è seduto assieme a sua nonna mentre alla tv mandano le immagini di tre paesi distrutti. La didascalia recita: "In diretta da Amatrice". Sua nonna non capisce cosa stia andando in onda, ma legge il nome del paese e comincia a ricordare il suo passato, le gite fatte con il nonno, i pranzi nelle trattorie. Ora chiede soltanto una cosa a suo nipote: di tornare per una volta, di essere riportata là per qualche ora. Non sa, non capisce che il paese non esiste più, che è per questo che la televisione ne parla da giorni.

Ma come si porta qualcuno che non cammina più in un paese che non esiste? Inizia così il viaggio in poltrona di Giordano e sua nonna dentro a Google Maps, dove tutto è ancora in piedi, dove i muri hanno tremato ma hanno retto, ci sono ancora le biciclette appoggiate alle case, le lenzuola stese, gli uomini seduti al bar, l'orologio della farmacia che segna le 16. Manca solo l'odore dell'amatriciana, ma per questo Giordano ha la soluzione custodita in una quaderno molto antico. La ricetta è quella originale e scritta a mano da una persona che sua nonna ricorda bene. E le sembra che tutto ritorni, che si possa essere ancora felici, che non tutto è andato distrutti nel tempo.


Questa, in estrema sintesi, la sinossi del libro, come riportata nella quarta di copertina. Ma non è tanto la trama, a suo modo geniale, il motivo di vero interesse del libro, quando la sua trasposizione sul piano narrativo. Innescando un sistema di slittamenti tra reale e virtuale, presente e passato, vissuto e immaginato, creando allitterazioni figurative sui sentieri lastricati della memoria. Come un “frattale” che replica infinitamente e minuziosamente sé stesso in scala, così uguale, eppur così diverso.


“L’altra notte ha tremato Google Maps” è un libro strano, che ti manda in apnea. Se sei emotivamente sensibile, rischi di leggerlo con gli occhi bagnati, come è capitato oggi a me, che ad un certo punto non ho più capito se erano davvero lacrime a rigarmi lo sguardo, o l’acqua mossa della piscina dove mia figlia, dall’altra parte del vetro, sorridendo mi salutava. E io a chiedermi come avesse fatto Michela Monferrini a scrivere un libro così. Già, di cosa parla questo libro? Di tante cose, vive e vissute, che a ben guardare non comprendi bene “se”, “dove” “come” e “perché” siano esistite, o semplicemente accadute. Ma in fondo come si fa a raccontare un terremoto che ha lasciato dietro di sé solo morti e cumuli di macerie? Forse inginocchiandosi tra le rovine, a raccogliere frammenti di storie e tasselli di vite interrotte, ricomponendo il tutto in un improbabile puzzle, un mosaico stratificato di pietre e polvere, nel silenzio irreale e assordante, con il fragore alle orecchie di chi ha visto le proprie case crollare miseramente a terra. Oppure utilizzando Google Maps.

Scrive Dacia Maraini nell’introduzione: “Nella tragedia tutto è già accaduto. I personaggi narrano quello che è ormai successo, nulla può cambiare. Il tempo e lo spazio sembrano unirsi e annullarsi l’un l’altro, il presente è solo racconto. In questa tragedia, però, c’è un nuovo punto di vista, tutto può cambiare per l’effetto di una realtà virtuale, quella di Google Maps, che non segue gli eventi in tempo reale, ma ferma quegli stessi luoghi nel momento in cui sono stati fotografati e li restituisce ancora vivi, integri agli occhi di chi vuole rivederli anche quando un terremoto li ha cancellati inesorabilmente”.


 All’inizio di ogni capitolo è posta una mappa che mostra un reticolo viario di un ipotetico paese, dove il titolo del capitolo appare come il nome ad un’ipotetica strada. Ecco, camminando tra le pagine di questo libro, vi capiterà spesso di tornare a calcare ripetutamente strade già percorse, e trovarle ogni volta un po’ diverse, come se lo sfasamento reale – ideale e spazio - temporale aprisse nuovi varchi, creando svolte inedite. Succede così quando il tempo che scorre si arresta di colpo, poi, miracolosamente, riparte.

E’ così che si invecchia”.

E’ così che ci si innamora”.

Scriveva Schopenhauer che “la memoria opera come la lastra di una camera oscura: che concentra tutto e da un’immagine molto più bella dell’originale”. Google Maps è la camera oscura dei giorni nostri, che grazie al suo approccio tridimensionale dona dinamicità ai ricordi, consentendo di muoversi dentro le vie della memoria, mantenendola cosa attuale e viva.


L’altra notte ha tremato Google Maps” di Michela Monferrini è un libro di una poesia disarmante e di una bellezza sconcertante. Che conferma Rrose Sélavy come editore militante: dopo la Morante e Leopardi, tiene in vita anche Amatrice.

"L'altra notte ha tremato Google Maps - di Michela Monferrini, Introduzione di Dacia Maraini, Illustrazione di Gianluca - Foli - Rrose Sélavy Editore